Nonostante i nostri errori matematici, l’essere grassi o magri ha la sua importanza per molti aspetti, pressati come siamo dai messaggi di tutti i media o dalla nostra peculiare immagine corporea. Tutti preferiamo essere in forma fisica, o quanto meno contenuti. Dal lunedì mattina al sabato a pranzo, ci comportiamo abbastanza bene, nonostante qualche aperitivo, con una perdita giornaliera di circa 100 grammi; poi, l’abbandono al rilassamento del fine settimana annulla il bonus accumulato: basta un passaggio in pizzeria il sabato sera, un pranzo con un bicchiere di vino e un gelato la domenica per incrementare il proprio peso di un chilogrammo, che è tutto grasso, liquido e gonfiore, che serve tutta la settimana successiva per rientrare nel nostro peso abituale. Detto così sembra accettabile.
Ma vista da una prospettiva diversa le cose cambiano. Se il nostro peso abituale è di 60 chilogrammi ci possiamo stare: rimarremo 60 chilogrammi anche il mercoledì che non è male, a seconda di quanto siamo alti. Ma se il peso è 100 chilogrammi rimarremo a 100 chilogrammi, debordanti, predisposti per altre malattie, potenzialmente invalidanti per molte attività sociali.
In questo confronto, abbiamo descritto due scenari apparentemente simili: due persone che, nonostante il loro peso diverso, tentano entrambe di contenere l’introito calorico fino al venerdì sera o al sabato mattina. Chi pesa 60 chilogrammi e si contiene abbastanza durante la settimana, nonostante il week end anomalo non è demoralizzata, perché al mercoledì è sempre 60 chilogrammi e non si sente diversa da prima.
Il nostro amico di 100 chilogrammi, per il quale perdere 600 grammi in 5-6 giorni è un successo ottenuto con sacrificio, che si ritrova 100 chilogrammi al mercoledì, perde ogni speranza. Regge ancora per qualche settimana e poi si arrende e arriva a 110 chilogrammi molto rapidamente. Si innesca infatti quel meccanismo perverso per cui “meno mi piaccio e più mangio, più mangio e più ingrasso, più ingrasso e meno mi piaccio”, in una deriva fisica di completa resa.
Da questo circolo vizioso è difficile uscire, se non supportati da terapia medica, psicologica e da uno stile di vita che contempli soprattutto uno stress giornaliero minore.
Non è la fame che induce l’obesità nei soggetti sani. L’obesità affligge gli esseri umani e non gli animali, perché questi ultimi, se hanno fame mangiano, altrimenti no! Eccetto gli animali domestici resi obesi da noi.
Noi esseri umani siamo gli unici che invece continuano a mordere, e non a mangiare, anche senza fame. Perché? Perché è l’unica gratificazione facile, piacevole, senza prescrizione e a portata di mano, che sopperisce ad una mente fragile e soggetta facilmente a subire problemi di ogni tipo: inquietudine, fretta, frustrazioni, il carico normale di stress che una famiglia comporta, invidia per questo o per quello, cattiverie subite vere o presunte e il tg serale.
A questo punto 100 chilogrammi o 110 non fanno differenza e continui a mangiare, bevi, mangi più del dovuto.